Per temi, idealità e modalità di creazione, “La lingua virale” - nuova produzione del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia con il sostegno della Regione FVG, andato in scena alla Sala Bartoli dal 23 al 25 novembre - è strettamente legato ai principi di GO! 2025, all’utopia di confini che siano luoghi di scambio, evoluzione e non di chiusura e immobilità. Alla base dell'allestimento vi è il testo composto da Diego Marani quale vincitore del Premio Letterario Friuli Venezia Giulia "Il racconto dei luoghi e del tempo" 2024, promosso dalla Regione Friuli Venezia Giulia con Fondazione Pordenonelegge.
Attorno al suo testo “La lingua virale” è stato costruito un laboratorio per giovani attori che il direttore Paolo Valerio ha deciso di affidare a Silvia Mercuriali, artista internazionale che vive a Londra e ha lavorato in tutto il mondo, dalla Brisbane Powerhouse (Australia), al Museo d’arte di Kochi (Giappone), all'Heritage Fund (Stati Uniti), oltre alle molte commissioni nel Regno Unito. La particolarità del testo è di essere scritto in Europanto, un idioma costituito da un insieme di tutte le lingue europee che Diego Marani ha ideato come provocazione contro l’integralismo di chi predica la “purezza” delle lingue: Marani invita invece a vedere le lingue come strumenti identitari che sono in continuo mutamento e soggette a contaminazioni, senza confini netti e invalicabili.
Dopo l’esperienza laboratoriale, il gruppo di artisti ha portato in scena “La lingua virale”, uno spettacolo del tutto particolare perché segue il metodo - creato da Silvia Mercuriali - dell’autoteatro. «L’autoteatro è una strategia di messa in scena teatrale che pone lo spettatore al centro della narrazione» spiega infatti la regista. «Seguendo una serie di istruzioni precise lo spettatore diventa attore e scopre il suo ruolo all'interno della storia semplicemente lasciandosi guidare. Ho sviluppato questa strategia nel 2007 spinta dal desiderio di mettere in scena un'umanità vera, senza la maschera dell'attore. Lasciando la responsabilità del proprio agire completamente alle istruzioni, lo spettatore è immerso nell'azione e libero di potersi svelare, mostrandoci le proprie peculiarità e, perché no, le proprie insicurezze, creando cosi degli spettacoli completamente unici ad ogni iterazione».